Morano - dall'elaborazione di una mia foto
2013 - Aprile - India: Bombay. La porta dell'India
da: Antonio Tabucchi - Viaggi e altri viaggi (Feltrinelli)

Bombay. La porta dell'India

Il viaggiatore occidentale che arrivi in India non può non fare a meno di visitare Bombay, magnifica e spaventosa metropoli che è la porta obbligatoria dell'India del Sud.
Quando i primi navigatori portoghesi vi approdarono nel 1534, Bombay era costituita da sette isole di pescatori abitate da kulis (poi coolie nella lingua dei colonizzatori britannici per indicare una persona di infima condizione sociale) e devastate dalla malaria e dalla febbre tifoide.
Nel 1661, con la prodigalità che si ha verso le cose cadute dal cielo, i portoghesi collocarono Bombay, che era stata offerta dal sultano del Guajarat, nella corbeille nunziala di Caterina di Bragança, figlia del re del Portogallo, che andava sposa a Carlo II di Inghilterra. Nel 1668 il governo inglese affittò le sette isole alla East India Company per la ridicola somma di dieci sterline d'oro all'anno. Lo sviluppo di Bombay comincia esattamente in questo periodo e coincide con l'arrivo dei facoltosi parsi, gli zoroastriani che l'invasione musulmana aveva fatto fuggire dalla Persia natia .
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Bombay. Il Taj Mahal

Accanto al Gateway of India, davanti all'imbarcadero per Elephanta, impera il Taj Mahal Hotel, imponente edificio fine secolo, coniugazione bizzarra di stile Mogul e di architettura vittoriana. Una notte al Taj Mahal forse è un capriccio un pò caro per il turista comune, ma è un'avventura che vale la pena. Il Taj è l'altra faccia dell'India: è l'India del fasto e del privilegio, dove circolano gli ultimi maharaja, gli sceicchi e i re del petrolio giunti dall'Arabia Saudita per passare le vacanze nell'albergo più sontuoso di tutta l'Asia.
Più che un albergo, il Taj Mahal è una città indipendente. Dotato di svariati ristoranti (cinesi, indiani, francesi, internazionali), arredato lussuosamente ma con la discrezione dell'eleganza, pieno di boutique nelle cui vetrine scintillano meravigliosi manufatti indiani, questo fastoso albergo invita più a stare svegli che a chiudersi a dormire in camera. Nella sua immensa hall circola la folla più pittoresca e cosmopolita che si possa incontrare al mondo.
Ma anche fuori, nella brulicante Bombay, ci si immerge nella moltitudine più eteroclita del mondo: mussulmani, induisti, parsi, ebrei, cinesi, Kulis, jainisti con il volto dipinto di biacca, sacerdoti buddisti in processione. Sappiamo che non molto lontano, a rendere ancora più paradossale i contrasti di queste immenso paese, funziona la torre del reattore nucleare di Trobay, tempio della più terribile divinità della nostra epoca.
Sotto di noi, dall'alto del modernissimo grattacielo nel quale è installata l'ala più nuova dell'albergo, brillano le luci di questa sterminata città. Forse quelle che si vedono sulla sinistra, le più lontane, sono le luci dell'aeroporto di Santa Cruz. Un altro segno  dell'Occidente, almeno nel nome, rimasto impigliato in questa metropoli dell'Oriente.


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